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Baroni Imprenditori nella Sicilia Moderna
Michelangelo e Giuseppe Agatino Paternò Castello di Sigona
Maria Concetta Calabrese

16X23, ISBN 978-88-7751-352-6, pagg. 250, ill. - Cod: 201208

€ 25,00 / (L.48.407)


L’ampio ventaglio di attività dei baroni Michelangelo e Giuseppe Agatino Paternò Castello viene ricostruita in un questo lavoro attraverso lo studio di un’imponente materiale archivistico. Il primo, cadetto dei principi di Biscari, Agatino e Maria, si ritrova erede dopo il terremoto del 1693 dei beni di molti famigliari morti nel disastro. Gioca principalmente su due versanti, quello urbano e quello feudale: occupa importanti cariche politiche, fa edificare un palazzo nel centro di Catania e costruire un acquedotto che trasporta l’acqua dalla sua proprietà periurbana del Fasano fino in città, vende l’acqua a privati ed istituzioni religiose, verso le quali destina molti lasciti, come tutti i componenti della famiglia Biscari; sul versante feudale cura il suo feudo di Sigona e le altre proprietà dove fa coltivare grano, orzo, ed altro, ma soprattutto riso, coltura che conosce tra Sei e Settecento un grande sviluppo e che Michelangelo, attraverso una rete di referenti commerciali, vende nelle maggiori città dell’isola. Il barone di Sigona usa l’acqua del suo feudo per le colture, specialmente per quella del riso ed il resto lo vende ad altri. Il figlio Giuseppe Agatino è anche lui un abile imprenditore che incrementa il commercio del riso sia nel suo feudo che negli altri che prende in affitto per coltivarne ancora e venderlo. Le mule dei bordonari trasportano il riso, accuratamente insaccato, da Sigona a Vaccarizzo da dove viene imbarcato per Capo Mulini con destinazione Catania, Acireale o Messina, o al caricatore di Agnone con destinazione Palermo. I numerosissimi contratti notarili documentano l’incessante attività che copre tutte le modalità di operazioni riguardanti il riso, la coltivazione, la raccolta, le diverse fasi della lavorazione per renderlo commestibile, il trasporto, la vendita. Giuseppe Agatino si occupa anche lui di vari affari, delle liti intrafamigliari che eredita dal padre, di quelle per l’acqua del feudo con il confinante barone della Bagnara, e non ultime, di quelle con l’università di Caltagirone , per i lavori di contenimento del fiume Gornalunga di interesse comune per i vari proprietari e per la città. I beni della famiglia ritorneranno, per mancanza di eredi maschi, ai Biscari, ma i due baroni possono essere inseriti, al pari di altri, significativamente tra gli aristocratici imprenditori della Sicilia moderna.

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